Il giorno dopo è sempre
meglio.
Ieri era solo delusione e
incredulità.
Oggi il pensiero inizia a
cogliere le ragioni. Perchè c'è sempre una ragione.
Prima considerazione:
Berlusconi esce vincitore, come negarlo.
Finiamola però di dire
che gli Italiani lo hanno rivotato in massa.
I numeri sono numeri.
Non sfonda e rispetto alle ultime elezioni perde il 18 % dei
consensi.
Una valanga di voti.
Certo, ci si auspicava un
risultato molto più negativo, ma credere di spazzare via il
populismo di destra, così profondamente radicato nella nostra
società, in una sola tornata elettorale, vuol dire essere, per
l'ennesima volta, poco calati nella realtà.
“Chi si
illude che tutto si risolverà con la fine di Berlusconi… Dimostra
di non capire quanto e come ha agito il berlusconismo in questi anni
nella società. Non è stato fascismo, ma ha svuotato la democrazia.
In maniera sistematica e diffusa, nei palazzi delle istituzioni come
nelle teste dei cittadini. Ha snervato il parlamento, la
magistratura, la libera informazione, la scuola. Un vero collasso
culturale.”
Questo è
quanto ha scritto Curzio Maltese in un suo recente libro, “La
bolla. La pericolosa fine del sogno berlusconiano.” ed è quanto
ancora molti non vogliono capire.
Berlusconi ha fatto come
al solito il suo. Ha esercitato il suo superpotere mediatico,
oltretutto in una campagna interminabile.
È da dicembre che la
propaganda si sfoga liberamente, per giunta sul terreno ben descritto
da Maltese.
A ciò si aggiunge una
condizione economica delle famiglie sempre più tendente alla
povertà. C'è chi si arrabbia, si dimena di fronte all'italiano a
cui piace la promessa facile.
A quanto pare, c'è gente
che si trova in condizioni materiali tali da preferire una boccata
d'ossigeno immediata e che non ha la forza di seguire il pragmatismo
dei politici cd. responsabili.
Naturalmente poi la destra
pesca anche da tutto quel mondo che dalla crisi sta guadagnando, ma
qui fa il suo dovere.
Insomma, Berlusconi è
riuscito a ricompattare l'ambiente. Nulla di più.
Il problema è che la
stessa strategia è stata praticata anche dalla sinistra, che non si
è sforzata più di tanto, cercando il voto nella base, nello zoccolo
duro di militanti e simpatizzanti.
E qui sta la seconda
considerazione: il PD non sposta voti, non crea entusiasmo, speranza.
La sinistra non riesce a
dare un'immagine di cambiamento, ma soprattutto di giustizia sociale.
Nella maggior parte dei casi, chi fa fatica, non vota il PD, ma vota
Grillo oppure Berlusconi.
Proposte di aiuto alle
fasce più deboli della popolazione non ne sono arrivate, anzi.
Bersani, di fronte alle promesse di Berlusconi sull'IMU e sull'Irap,
o del Movimento Cinque Stelle sul reddito di cittadinanza, si è
messo a fare il responsabile, muovendo rimproveri e mettendosi a fare
la lezioncina sulla sostenibilità.
È snob la sinistra
italiana, è distante anni luce dalla quotidianità della gente.
Dico io: è così
difficile fare proposte di aiuto per chi si trova in difficoltà?
Era proprio necessario
usare lo stile dei professori alla Monti?
Qui sta la grande
differenza con il Movimento Cinque Stelle: la capacità di ascoltare
e di essere umili.
La sinistra non può non
riconoscere che la sua cultura politica non è stata affatto
differente. La partecipazione alla torta dei privilegi, la questione
morale tradita, la chiusura nel Palazzo in senso lato.
Bersani ha svolto l'ultima
settimana di campagna elettorale praticamente solo in televisione.
Come può essere avvertito vicino? D'altronde quando dici di stare
con gli ultimi la prima cosa è l'esempio.
Terza considerazione: il
vero vincitore è Grillo. Il Movimento Cinque Stelle fa tutto quello
che non fa il PD.
Raccoglie il disagio dei
lavoratori, delle generazioni di giovani precari a cui sono stati
tolti opportunità e diritti, il dissenso di molte minoranze, in
primis i NO TAV, il malessere per la casta e per la gerontocrazia.
Introduce anche idee
nuove: quella del partito leggero e della democrazia orizzontale.
Forse è davvero per la prima volta che la democrazia scende così in
basso, fra la gente, lascia spazio a tutti, dribla i poteri
costituiti come gli ordini degli avvocati o le pesanti strutture dei
funzionari di partito.
Disturgge la capacità
della classe dirigente di manovrare dall'alto con la televisione o
con gli appelli al voto utile.
É uno choc elettrico che
desta un paese intero e, data la situazione che si sta delineando per
il governo, finalmente anche la sinistra.
I cinque stelle si pongono
come coscienza critica dicendo al PD: “O adesso o mai più”.
Funzione che poteva svolgere l'Italia dei Valori, ma direi che
abbiamo fallito. Dopo ne riparliamo.
I grillini sono un
passaggio necessario, non devono preoccupare, all'opposto.
Non poteva che essere
così. Inoltre portano una prospettiva nuova finalmente, perchè
costringono chi ha continuato a proteggere il recinto dei propri
interessi materiali a mettersi in gioco.
Ma ci sono delle
contraddizioni da mettere in luce. A sentire le prime notizie non
potranno far altro che venire a galla.
Punto primo. Per quanto
Grillo dica di essere un semplice garante, le decisioni importanti,
come appunto quella di consentire la formazione del governo,
dipendono da lui.
La sua guida politica non
è solo carismatica, ma anche accentratrice.
Nel movimento vedo un
problema di valorizzazione della base, dell'individualità.
Fino a quando l'obiettivo
è evitare i metodi subdoli dei media o evitare che il politico si
trasformi in personaggio tutto bene. Dei casi Salsi e Favia però do
un giudizio molto negativo, si trattava e si tratta di due persone di
valore.
Insomma, primo nodo da
sciogliere, il Movimento Cinque Stelle è la stessa cosa con o senza
Grillo?
C'è poi una tendenza a
presentarsi come depositari dell'unica verità.
Il confronto viene evitato
perchè si vede il rischio di possibili strumentalizzazioni e si fa
uso di slogan qualunquisti del tipo “tutti a casa”, “sono tutti
uguali” e simili.
A me pare che Ambrosoli
non sia la stessa cosa di Maroni e che, senza capacità di
distinguere e relazionarsi con il diverso, come si può pensare che
una comunità cresca in modo costruttivo.
Terzo punto. Il blog di
Grillo è stato senz'altro una fonte di controinformazione
fondamentale per l'Italia, ma siamo proprio sicuri che una
piattaforma che si sviluppa senza contraddittorio venga vissuta in
maniera critica da chi ne usufruisce?
Mi sono tornate in testa
in questi gioni alcune parole di Oliviero Beha, tratte dal libro
“Dopo
di lui il diluvio. Weimer, Italia”: “In rapida e circoscritta
conclusione, quello che mi impressiona è da un lato la delega spesso
pressochè totale che viene data dai giovani alla Rete, una specie di
<<vitello d'oro>> di biblica memoria, quasi
a dirci che tutto cambia e nulla cambia davvero.
Il timone non è di chi naviga, ma del mezzo che ti fa navigare. Gli
internauti nella stragrande maggioranza forse non visitano
soggettivamente lo spazio virtuale ma vi sono come attirati e
intrappolati, una sorta di marinai di Ulisse calamitati dal canto
delle Sirene.”
Anche
io credo poco nella webdemocrazia.
La partecipazione
autentica è quella che vede il cittadino intraprendere in piena
libertà percorsi di vita, che vede il cittadino aprirsi al mondo
nelle sue sfumature con il corpo e con la mente.
La democrazia rimane il
modello politico più affascinante di tutti, ma anche il meno comodo.
È proprio l'immagine di
quelle piazze gremite ai comizi di Grillo che ha fatto passare l'idea
di un paese in fermento, niente affatto immobile. Quelle piazze hanno
distrutto l'immagine del grillino seduto dietro al computer e hanno
fatto dire alle persone: “Voglio esserci anche io”.
Internet come ogni mezzo
di comunicazione rimane uno strumento, non il fine.
Ad ogni modo gli italiani
hanno dato un avvertimento chiaro. Hanno detto che stanno male e
vogliono essere ascoltati.
È ora di finirla con i
paternalismi dell'italiano credulone che accetta tutto passivamente. Il
popolo ha parlato. E come dice la nostra Costituzione è sovrano,
sempre.
Concedetemi una parentesi
sulla brutta fine dell'Italia dei Valori.
La storia di questo partito
credo possa essere di aiuto al vero cambiamento.
Ho aderito all'IDV perchè
segnava la distanza massima da Berlusconi e allo stesso tempo lottava
per rianimare la sinistra dalla pigrizia estrema in cui è
sprofondata.
Mi piaceva poi il lavoro
di tutela dei principi costituzionali, in primis la legalità, in un
momento di massima anomalia.
L'Italia dei Valori
riusciva a rappresentare tutto questo e lo faceva senza rinchiudersi
nel proprio mondo, ma dialogando con il centro-sinistra.
Questo è avvenuto anche a
Cassano, dove contribuiamo al governo del Comune.
Apprendo che Antonio Di
Pietro si è dimesso.
La domanda è molto
semplice: dimesso da cosa? Da se stesso?
Il partito si è sempre
identificato con la sua persona, che, come Grillo, non ha fatto altro
che accentrare.
La base non è mai stata
ascoltata, né tanto meno valorizzata.
È sempre stata in balia degli
umori del leader e dei suoi uomini di fiducia, quasi mai eletti
democraticamente.
Nelle scorse elezioni
amministrative moltissimi cittadini comuni erano entrati nelle
istituzioni.
Centinaia solo in
Lombardia tra consiglieri e assessori comunali.
In queste elezioni
regionali i dirigenti hanno fatto di tutto per non candidare nelle
liste le donne e gli uomini che negli anni hanno dato il loro lavoro
e il loro tempo gratuitamente, raccogliendo in alcuni casi un ottimo
consenso.
Hanno cercato di
convincere la base ad esprimere la preferenza per loro, hanno pensato
solo a se stessi. Il risultato è noto a tutti.
Angelo Colombo, attuale
Assessore allo Sport di Cassano, ha dovuto aspettare fino a 20 giorni
prima del voto per capire se sarebbe stato inserito. Non vi dico
l'opera di convincimento che ha dovuto esercitare.
A livello nazionale non né
parliamo. Proprio quando era arrivato il momento di battere
Berlusconi, si è interrotto il rapporto con i partiti di
centro-sinistra per infilarsi nel progetto suicida di Rivoluzione
Civile.
La verità è che la cd. foto di Vasto la si
è strappata molto prima e lo si è fatto con le proprie mani.
Si è cominciato a dare
addosso ai propri alleati, senza distinguere, senza lavorare più per
l'unità dei progressisti.
La legalità è finita in
secondo piano, come dimostrano i comportamenti di molti esponenti,
anche di spicco, messi sotto inchiesta dalla magistratura. Sulla
coerenza i grillini hanno molto da insegnare per adesso.
Si è poi riprodotta la
cultura del vittimismo, appartenente alla casta tanto deplorata.
Di fronte alla inchieste
di Report ci si è trincerati dietro alla teoria del complotto con
espressioni come “Killeraggio mediatico”.
Segno di una debolezza
enorme, perchè chi si difende anziché rispondere ha la coscienza
sporca.
Ora Di Pietro vuol fare
passare le dimissioni come un gesto di responsabilità, quando ormai
è da quasi un anno che non esiste alcun partito.
Io la considero una fuga,
una vigliaccata. Negli anni ha sempre rimandato la strutturazione e la valorizzazione di ciò che si era costruito.
Ho riposto fiducia in lui, ma è l'esempio di
come la politica non si improvvisa e di come sia importante, per
metterla davvero al centro, creare entità collettive che aggregano
intorno a una idea di società, consentendo allo stesso tempo a
ciascuno di esprimersi in quelle che sono le sue qualità di persona.
Certo non rimpiango nulla,
farò il mio dovere fino in fondo.
Comunque un ruolo in
questi anni lo si è svolto, è impossibile confutarlo, anche se speravo di
partecipare a un progetto che offrisse all'Italia qualcosa di
veramente diverso. Ci siamo limitati a segnare l'inizio della strada.
Ecco il secondo messaggio
degli italiani: basta egocentrici.