giovedì 23 aprile 2015

MEGLIO UNA SCUOLA PRECARIA?

Quando era in vita il grande Giorgio Bocca mi piaceva l’irriverenza dei suoi articoli sull’Espresso. Uno come lui era partigiano senza bisogno di tessere o patenti, i valori della Resistenza li respiravi in ogni sua parola. Mi ricordo che nella sua rubrica, L’Antiitaliano, tentava spesso di far riflettere sulle innumerevoli manifestazioni e scioperi che immancabilmente non conducono a nessun risultato.
Il 5 maggio i sindacati hanno proclamato lo sciopero nazionale contro la riforma della Scuola del Governo Renzi, ma io mi chiedo dove siano le ragioni di questa mobilitazione. 
Dalla Segreteria Bersani in poi è cambiato completamente il discorso pubblico sulla scuola: in primis, è stata presa la difesa degli insegnanti, al cui ruolo, con scelte e dichiarazioni, si è restituita dignità; finalmente è diventata priorità nazionale l’assunzione di 100.000 precari, così come è stata posta attenzione all’adeguamento degli stipendi del personale docente, cercando anche di reperire fondi per riconoscere nelle buste paga dei professori soldi per l’aggiornamento culturale. Non vanno trascurati, inoltre, gli stanziamenti dell’Esecutivo per i progetti di recupero sugli edifici scolasti, che a Cassano, per esempio, hanno consentito l’intervento sulla scuola media. Dove governa la coalizione di centro-sinistra a livello locale – accade in molte parti d’Italia ormai - la scuola è un tema presentissimo: sempre a Cassano la voce di bilancio per progetti culturali e per far fronte al disagio scolastico è aumentata da 200.000 Euro a quasi 500.000 Euro. 
C’è, infine, una consapevole assegnazione delle responsabilità; ne è esempio l’allontanamento dalle graduatorie di quegli insegnanti che usavano la legge 104 indebitamente. Stesso principio sta alla base della scelta di riconoscere maggiori poteri ai dirigenti scolastici con la chiamata diretta dei docenti, permettendo alle famiglie di rivolgersi a un funzionario che non potrà che rispondere delle sue decisioni.
Ogni volta che arriva al governo la sinistra, ogni volta che la sinistra deve entrare nelle cose, farsi carico dei problemi, parte il fuoco amico, la volontà di logorare ogni azione realmente progressista.
Il sindacato in linea teorica dovrebbe organizzare i lavoratori e operare per il miglioramento delle loro condizioni, ma a quanto pare il superamento definitivo del precariato, l’adeguamento dei salari e la riabilitazione dell’insegnamento e dell’educazione sul piano culturale non rientrano in questa dimensione. 
Ciò che conta, invece, e fare le pulci al merito di ogni provvedimento legislativo cosa di cui si dovrebbe occupare l’opposizione politica, ma anche quella, purtroppo, è intenta solo a fare polemica o protesta fine a se stessa. 
Tutti quei soggetti che dovrebbero costituire la consistenza democratica di un paese moderno non gradiscono in Italia svolgere la loro funzione, ossia guidare gli interessi del gruppo sociale che rappresentano al servizio dell’interesse generale. Preferiscono al contrario trasformarsi in feudi, corporazioni autoreferenziali, la cui politica non può che essere, quella sì, precaria, come i risultati che produce d’altronde. 
Lo sciopero convocato per il cinque maggio rientra proprio in questo modo di intendere il proprio compito, il proprio ruolo, una concezione talmente diffusa da diventare sistema, un sistema dove merita di essere difeso solo chi appartiene, chi ha la patente del gruppo, mentre tutti gli altri non sono degni. 
Da questa concezione né è nata una vera e propria mentalità, chiusa e soffocante, che sotto i grandi discorsi nasconde pregiudizi e pigrizia estrema, parte enorme dei problemi del nostro paese.
Ad alimentarla ci sono anche quelli che sono sempre pronti a giudicare quanto sei di sinistra, a spiegarti quante battaglie hanno fatto per la libertà, che devono spiegarti quanto sia importante distinguere.
I giornali sottolineano che il cinque maggio sarà il primo sciopero nazionale della scuola dalla Riforma Gelmini, il primo dopo sette anni: quindi la Gelmini e il Governo Berlusconi sono la stessa cosa dell’attuale governo? 
Non c’è nessuna differenza? 
A leggere le dichiarazioni apocalittiche di chi vuole questa mobilitazione parrebbe proprio di sì. 
Siamo vicini al 25 aprile, la Festa della Liberazione. Forse la ricorrenza di quest’anno dovrebbe farci riflettere proprio sulla scuola, primo luogo di libertà, intesa innanzitutto come possibilità di comprendere la realtà e i suoi cambiamenti. Il 25 aprile, come sempre, il mio animo sarà in festa, e penserò un po’ a Giorgio Bocca, un partigiano che ha deciso in tutta la sua vita di appartenere soltanto alla libertà e alla verità, perché un valore, per essere  trasmesso, non richiede tessere.


In bocca al lupo a tutti quegli insegnanti che meritano di ottenere la stabilizzazione della loro posizione! A loro auguro una Buona Liberazione, la festa di tutti, anche di chi sciopera!